domenica 10 novembre 2013

Divieti talebani e studenti d'occidente

In questo periodo, quello che resta del giorno è proprio poco. Non mi riferisco alle ore di luce disponibili che, man mano che ci avviciniamo al solstizio d'inverno, sono sempre di meno.
Intendo dire invece che sto affrontando un periodo intenso e difficile nel mio lavoro e quindi giungo al termine della mia giornata senza disporre di quella riserva di energia e di fantasia necessaria per provare a dilatare il pochissimo tempo che rimane.
E poi una bella fetta di energia la dedico a battagliare con le mie figlie, perchè mi piacerebbe vedere in loro un po' più di cura e di amore per quella che è, o dovrebbe essere, la loro attività principale, ovvero studiare. Ma su questo problema ho avuto un'illuminazione.
Lo spunto mi è arrivato, manco a dirlo, da un libro. La scorsa settimana dedicavo gli ultimi istanti di lucidità, prima di svenire nel mio letto, alla lettura di "Io sono Malala", di cui ho già parlato diverse volte. 
Sono arrivato al punto in cui lei deve fuggire con la sua famiglia dalla regione dello Swat, ormai dominato dai talebani e a malincuore deve abbandonare anche lo zaino con i suoi libri di scuola. Malala a quel punto entra in casa e recita qualche versetto del Corano per invocare la protezione divina sui suoi libri. Mesi dopo, Malala torna a casa e la prima cosa che fa è cercare con il cuore in gola i suoi libri. Li ritrova sani e salvi e rende grazie, perchè le sue preghiere erano state esaudite.
Dopo aver letto questo passo, ho pensato che le preghiere delle mie figlie sarebbero state molto diverse. 
L'abbandono dello zainetto non sarebbe stata una grande pena, così come il suo ritrovamento non avrebbe suscitato lacrime di commozione.
Qual è la folgorazione a cui accennavo? E' che ci vuole sempre un ostacolo per suscitare grandi passioni. Ce lo insegnano Giulietta e Romeo, ce lo raccontano tutte le più grandi storie d'amore, è scritto in tutte le leggende e in tutti i poemi epici di ogni parte del globo terrestre: niente è più elettrizzante, energizzante e stimolante di un bel divieto, una proibizione, un nemico, un rifiuto, meglio ancora se ottuso, inutile, sbagliato.
E quindi? Quindi noi genitori d'occidente sbagliamo tutto. Se vogliamo davvero che i nostri figli si impegnino di più nello studio, dovremmo vietarglielo. Rendergli la vita complicatissima, sbuffare quando li vediamo fare i compiti, chiedergli se non hanno proprio niente di meglio da fare. Dovremmo sfidarli, in nome della più becera delle proibizioni, a ribellarsi e a combattere per una nobile causa.
Ho deciso: da domani non mi faccio più la barba e andrò alla ricerca di un turbante.
Scherzi a parte, sembra proprio che non si scappi dal vecchio proverbio: "chi ha denti non ha pane e chi ha pane non ha denti". Che poi è il motivo per cui ogni civiltà, arrivata al punto in cui si sente la pancia troppo piena e la testa troppo vuota, implode e fa spazio a chi ha ancora "fame" in tutti i sensi.
Ci sono paesi in cui i ragazzi e soprattutto le ragazze, sfidano le bombe per poter studiare. Ci sarà qualche modo meno cruento, ma efficace, per far nascere una passione "eroica" per lo studio anche nei nostri figli?

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