domenica 24 novembre 2013

Re Artù, Guerra e Pace e i generali

Venerdì scorso c'ero anch'io al tavolo di re Artù e ho ascoltato con sconforto l'ennesima filippica contro la "burocrazia". Alla corte di re Artù, chiunque riflette per più di tre secondi di seguito è un bieco burocrate. Servirebbe che qualcuno, diverso dai soliti grilli parlanti, avvisasse sua maestà che il suo regno sicuramente non morirà di burocrazia, ma piuttosto di superficialità. Purtroppo, al tavolo di re Artù, grilli parlanti a parte, scarseggiano i cavalieri e abbondano i cortigiani. 
E' tutto già scritto:quando la corte se ne sarà andata, lucida e sgargiante più che mai e senza vergogna, sotto le macerie rimarranno i grilli parlanti e i poveri diavoli, come sempre.

Chissà se a corte si legge. Domanda retorica. Leggere è roba da burocrati, la carta puzza. Ci sarebbero gli ebook, ma non c'è tempo, mica si può perdere la Champions League, altrimenti di cosa si parla il giorno dopo? 
Peccato, occasione mancata: mi piacerebbe che leggessero Guerra e Pace. Mi piacerebbe sparargli nei loro Blackberry e nei loro iphone qualche passo come questo:

 “ Li chiamano geni solamente perché gli uomini di guerra sono circondati di prestigio e di potere, e perché ci sono sempre masse di mascalzoni che adulano chi ha il potere, attribuendogli le qualità del genio, che non gli competono affatto. Al contrario, i migliori generali che ho conosciuto io, sono tutti uomini stupidi o distratti. Il migliore è Bragatiòn, perfino Napoleone l’ha riconosciuto. E lui, poi, Bonaparte! Me lo ricordo, sul campo di Austerlitz: con quel suo volto così compiaciuto, così limitato. A un buon condottiero, non soltanto non occorrono né il genio ne una qualche particolare qualità, ma al contrario, bisogna che gli manchino le più alte, le migliori qualità umane: l’amore, la poesia, la tenerezza, il dubbio filosofico, che vuol scoprire la verità. Bisogna che sia un individuo limitato, fermamente convinto che quel che lui fa sia molto importante (altrimenti gliene mancherà la pazienza), e soltanto allora sarà un condottiero valoroso. Ma guai se è un uomo, se ama qualcuno, se si affeziona a qualcuno, se si domanda cos’è giusto, e cosa no. Si capisce perché fin dall’antichità ci si è inventati, per costoro, la teoria del genio: perché loro sono il potere. Ma nelle azioni di guerra il merito del successo non spetta a loro, ma all’uomo che nelle file grida: siamo perduti! O che grida: urrà! E soltanto lì, solo nelle file si può prestar servizio con la certezza d’essere utili a qualcosa!


Così pensava il principe Andréj, ascoltando i discorsi,e si riscosse soltanto quando Paulucci lo chiamò e tutti stavano già per andarsene.
L’indomani, alla rivista, il sovrano domandò al principe Andréj dove desiderasse prestare servizio e il principe Andréj fu perduto per sempre agli occhi del mondo della corte, perché non chiese di restare presso la persona del sovrano, e chiese invece l’autorizzazione a prestare servizio nell’armata”.

Lev Tolstoj – Guerra e Pace



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