giovedì 23 aprile 2015

Guido Guinizzelli, Al cor gentil repara sempre Amore

Vitale da Bologna, Madonna dell'umiltà (particolare)



Al cor gentil repara sempre Amore

com’a la selva augello in la verdura;

né fe’ Amore anzi che gentil core,

né gentil core anzi ch’Amor, Natura.

Ch’adesso com fo il sole

sì tosto lo splendore fo lucente,

né fo avanti il sole;

e prende Amore in gentilezza loco

così propiamente

come calore in clarità di foco.


Foco d’amore in gentil cor s’apprende

come vertute in petra preziosa:

ché da la stella valor no i discende,

anzi che il sol la faccia gentil cosa;

poi che n’ha fatto fòre,

per soa forza lo sol ciò che lì è vile,

la stella i dà valore;

così lo cor, ch’è fatto da natura

eletto, pur, gentile,

donna, a guisa di stella, lo ‘nnamura.


Amor per tal ragion sta in cor gentile

per qual lo foco in cima del doppiero

splende, a lo diletto, clar, sottile:

non lì starìa altrimenti, tant’è fero.

Però prava natura

rencontra Amor, como fa l’aigua il foco

caldo, per la freddura.

Amore in gentil cor prende rivera

per so consimel loco,

com’adamàs del ferro in la minera.


Fère lo sole il fango tutto ‘l giorno;

vile riman, né  ‘l sol perde calore.

Dice om alter: “Gentil per schiatta torno”:

lui sembro al fango, e al sol gentil valore.

Ché non de’ dare om fede

che gentilezza sia, for de coraggio,

in degnità d’erede

se da vertute non ha gentil core;

com’acqua porta raggio

e ‘l ciel reten le stelle e lo splendore.


Splende in la intelligenza de lo cielo

Deo creator, più che in nostr’occhi ‘l sole;

quella ‘ntende ‘l  so fattor oltra ‘l velo;

lo ciel volgiando a lui obedir tòle,

e consegue al primero

dal giusto Deo beato compimento.

Così dar dovria il vero,

la bella donna che negli occhi splende

de l’om gentil, talento,

chi mai da lei ubidir non di disprende.


Donna, Deo mi dirà: “Che prosumisti?”

siando l’anima mia a lui davante,

“lo ciel passasti e fino a me venisti,

e desti, in vano amor, me per semblante:

ché a me conven la laude

e a la Reina del reame degno,

per cui cessa onne fraude”.

Dir li potrò: Tenea d’angel sembianza

che fosse del to regno:

non me fo fallo, s’eo li puosi amanza”.




(Guido Guinizzelli)

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