giovedì 26 novembre 2015

La strana biblioteca




La strana biblioteca è una favola di Haruki Murakami  che, nell’edizione italiana, è illustrata da Lorenzo Ceccotti. Una settantina di pagine scritte a caratteri grandi, con lo stile semplice e un po’ enigmatico di tutte le fiabe, intervallate da numerose  inquietanti illustrazioni. Una lettura di pochi minuti che libera una gran quantità di immagini, ci si mette più tempo a riflettere sul suo possibile significato che a leggerla.

C’è una biblioteca, c’è un bambino, e c’è il male. Nella biblioteca, nel labirinto degli infiniti mondi che si parlano, si intrecciano e si rincorrono, le tenebre possono essere rischiarate dalla luna nuova, si possono fare incontri con le più tenere creature dei tuoi sogni, e si può sperare che il cane feroce che ti terrorizza e ti mangerà vivo sia invece attaccato e annientato dal tuo piccolo storno. E quando uscirai dal labirinto delle pagine, il male rimarrà prigioniero lì dentro e nessuno ti farà domande, né ti chiederà spiegazioni.

Nel mondo reale non è così, la sofferenza e la solitudine si dissolvono con molta più fatica. “Quando sono solo, il buio intorno a me si fa molto profondo. Come in una notte di luna nuova”. Il mio piccolo storno rimarrà sempre un uccellino, non incontrerò mai l’uomo pecora e nessuna ragazza dalla pelle splendente come la luna verrà a sedersi vicino a me.

Come sarebbe bello se la tristezza e il dolore potessero sempre essere rinchiuse tra le pagine di un libro….

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giovedì 5 novembre 2015

Il regno degli amici



E’ proprio vero che l’adolescenza ti lascia addosso cicatrici di cui porterai per sempre il segno.

Quando pensi che di quel mondo lontano ti siano rimaste soltanto una manciata di foto sbiadite, qualche copertina di LP che conservi nostalgicamente come un cimelio e un pugno di amicizie su  FB, ci pensano i figli a riportarti indietro nel tempo, a ribollirti nei contorcimenti di questa età tenerissima e violenta, nella quale sembra che ti devi giocare tutto, e tutto è buio cieco oppure luce accecante, ti senti un dio oppure l’ultimo degli esseri viventi, giudichi spietatamente gli altri e te stesso, e per ogni capovolta dell’umore è sufficiente un brufolo in più, un appuntamento mancato, uno sguardo che indugia due secondi invece di uno.

E mentre guardi stralunato i tuoi figli che con violenza e ferocia ti riportano in quella foresta di emozioni, non ti passa nemmeno per la testa di chiederti: “ma io ero davvero così?” perché troppa è la preoccupazione che passino indenni questo guado, che la sfida che incoscientemente lanciano al destino li fortifichi e non li atterri e preghi che l’impulso autodistruttivo sia una febbre che li vaccini per sempre verso quelle fragilità che incombono su di loro come pericolosi e oscuri cavalieri neri.

Il regno degli amici è un avvincente romanzo che parla di quell’età bellissima e maledetta. Dove “l’amore e l’amicizia si sfidano come su un ring”, per usare le stesse parole di Raul Montanari. Quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo. Non andavano al bar i quattro protagonisti della storia, ma in una catapecchia sulla Martesana, uno di quei luoghi, “di quelle pieghe del mondo – per citare nuovamente l’autore – che spesso nelle città si trovano vicino alle ferrovie e vicino all’acqua”.

Romanzo che per i primi due terzi procede leggero tra umorismo e ironia, mentre nel finale vira decisamente sul drammatico perché ogni uomo ha “un’essenza poetica, un’esistenza comica e una fine tragica” e se scrivere è sempre un atto di dissenso verso il mondo, maturità è anche descrivere la vita in tutte le sue sfaccettature, senza spegnere la rabbia, ma senza trascurare il resto.

Un incontro fortunato con questo romanzo e con questo autore, una storia ruvida, che ti lascia l’amaro in bocca, quel che ci vuole per qualche boccone indigesto che talvolta nella vita ci capita di dover ingoiare.